Recensione ritrovata… Quaderni di Arenaria. Schembari su “Lo spergiuro del gallo”
23 giugno 2015 § Lascia un commento
“Il volo” da “Il posto delle cose” sul Notiziario del Centro di documentazione di Pistoia
23 giugno 2015 § Lascia un commento
Il posto delle cose. La recensione integrale di Antonella Doria
23 marzo 2013 § Lascia un commento
Lettura Critica
Saverio Vasta, Il posto delle cose, ed. Pungitopo, Marina di Patti 2011
> LA PAROLA e/è L’OLIVA <
Come appassionata ricercatrice di quell’oro che si chiama ‘parola poetica’, nella Lettura di questo testo di Saverio Vasta, mi sono lasciata condurre per mano (come sempre mi accade ad una prima lettura) da immagini, emozioni e sensazioni; cioè da quel “sentire” che la filosofa Maria Zambrano chiama- “capire con il cuore”.
La prima immagine che mi appare è spiazzante. E’ l’ “Altrove”. Un Altrove dove è/sarebbe l’Oro. In questo Incipit – Altrove è l’Oro – mi sembra sia già in nuce il Viaggio del poeta. Viaggio esistenziale “per l’alto mare aperto” della vita, e viaggio di poesia. Un passaggio fisico e mentale tra passato e presente, una dislocazione spazio/ temporale che produce smarrimento agoràfobia, poiché più <<non c’è confine né trincea>> (pag.13). Tuttavia, per non annegare nello Straniamento, nel senso di Vuoto e solitudine del <<porto abbandonato dalla nave>> (pag.13), è a questo ‘Altrove’ di ricerca e di speranza che si àncora il Poeta. Ma, in questo passaggio dal villaggio alla metropoli, Vasta l’ha già capito – l’Oro è sempre Altrove!
Così i cercatori continueranno a cercare la “Colchide d’Oro”, ed anche il poeta, che forse ha lasciato l’oro proprio in quel ‘porto abbandonato dalla nave’ o in quel ‘fiore appeso al filo della luce’, nell’umile e “petrosa Itaca” di tutti e di ognuno di noi! Questo vuoto, allora, questo smarrimento può essere superato ancorandosi ancora più fortemente alla vita, alle cose della vita, alle piccole e grandi cose quotidiane. Il mondo delle ‘Cose’ concrete reali, toccate prese amate e odiate, ‘qui e ora’. Vasta approda alla poetica delle ‘cose’, che tanta importanza ha avuto nella poesia del 900.
Ma le ‘cose’ stanno nello Spazio e nel Tempo, e l’ancorarsi ad esse presuppone che esse Cose, a loro volta, siano ancorate ad un punto fermo, siano a loro volta in un posto sicuro. E quale posto può essere più sicuro della Memoria? Una memoria rassicurante – <<Non ha filo spinato né gemelli>> (pag.18), una memoria chiara e ferma nel tempo e nello spazio – <<Odora d’attesa e di panni comodi>> (pag.18). Nella memoria sono ancorati i ricordi, una realtà inconfutabile perché già vissuta; un punto di riferimento fermo, un posto stabile per le cose e non solo. La memoria è quel posto della mente dove si vede, si ricorda che (diceva la mamma o la nonna) “c’e un posto per ogni cosa e ogni cosa deve stare al proprio posto” . L’Oro il tesoro, allora, è questa miniera che tutti abbiamo dentro? È proprio la Memoria? Forse, ma non solo.
Il poeta quindi cerca di superare questo senso di straniamento (anche generazionale) ancorandosi al suo mondo, alle cose, al quotidiano e alla memoria. Memoria e realtà sono così i due corni della fiamma. Memoria dell’Isola (persone cose affetti situazioni), memoria di corpi, memoria di sensi, memorie di vita di una generazione allo sbaraglio venuta <<su a latte caldo e paura>> (pag.48), il riferimento è al delitto di mafia che inquina l’Isola. Così <<Sprofonda anche il bocciolo nella neve>>(pag.15), nella realtà dell’oggi, nella fatica nel malessere dell’esistenza; così per resistere, per colmare questo Vuoto che cerca di risucchiarlo nel suo <<enorme buco nero>> (pag.52) l’autore intraprende il suo Viaggio poetico; poiché ogni creazione umana è un viaggio, e questo in particolare è un viaggio per immagini in uno spazio-tempo che vuole e cerca di dare senso alle ‘cose’ e con esse dare significanza, identità alla persona.
In questo caos dell’esistenza, è questo anche un viaggio iniziatico alla ricerca del Sé. Quel Sé di delfica memoria, quel ‘conosci te stesso’, sopravvissuto con alterne vicende fino ai nostri giorni grazie alla letteratura ma anche alla psicoanalisi. Mettere ordine, dare un posto alle cose è dare un posto anche a Sé, è ritrovare Sé stesso, la propria identità smarrita, qui, nel passaggio dalla ‘trazzera’ al ‘raccordo anulare’, nello straniamento della metropoli, nello straniamento dell’esistenza.
Il Tempo è un elemento molto importante in questa poesia fortemente ancorata ai ricordi. Ma, se la memoria è il filo che tiene ben salda l’identità del poeta, anche lo Spazio non lo è da meno. La conoscenza del Sé, lo sa il poeta, è un processo evolutivo che si può avere, meglio cercare intraprendere, solo … prendendo il “Volo”, mettendo una certa distanza tra Sé e Sé; (come sa ogni fotografo, bisogna allontanare l’immagine per vederla meglio), tra il Sé che guarda e il Sé che è guardato. In questa poesia (una poesia molto consapevole), lo sguardo del poeta ha dentro lo sguardo del fotografo, del cronista, del giornalista, più una capacità di sintesi propria del siciliano, che – per dire NO – solleva appena la testa facendo schioccare la lingua fra denti e palato. Lingua e radici stanno vanno insieme <<intingi la lingua / in questo tempio greco.>> (pag.24); e “la lingua è la sola terra che ti porti dietro/ dentro”(dal mio –mediterraaneo-).
Ma <<d’ali si può morire>>(pag. ), il Mito ce lo dice, o comunque si rischia di farsi molto male; ed anche i ricordi, dopotutto, possono essere ambigui oltre che dolorosi e per ciò rimossi, ed allora l’unica cura, l’unica àncora vera e sicura è la scrittura, è la parola. La salvezza sta nella Parola.
Ma, in quale posto il poeta mette la Parola? <<La parola nel frantoio>> (pag.24) dice l’autore. La parola poetica è un corpo-parola (nel senso mallarmeano), è “L’Oliva”, e come l’Oliva va nel frantoio, va schiacciata, frantumata, stritolata. Da questo corpo-parola verrà fuori un distillato d’Oro che si chiama – Poesia –
La Poesia di Vasta è una poesia problematica, aperta alla complessità della realtà ed alle sue contraddizioni: contraddizioni della vita <<di rapiti e deviati amori>> (pag.21), contraddizioni di una <<micrometropoli>> (pag.26), contraddizioni di una terra di Sicilia che troppo spesso sa di <<arance amare>> (pag.48). Vasta coniuga il singolare con il plurale, dentro una parola pulita essenziale che dice e non dice e, proprio per questo, apre a percorsi più ampi, apre all’immaginazione, perché nella realtà delle cose che il poeta vorrebbe mettere in ordine c’è sempre <<la nota che non torna>> (pag.36).
Antonella Doria
Il posto delle cose. Sulla rivista Il Segnale recensione di Antonella Doria
23 marzo 2013 § Lascia un commento